
C’è un argomento tabù di cui nessuno parla apertamente: le paure di chi fa impresa. Mentre la narrazione comune celebra gli imprenditori di successo e le aziende in crescita, esiste una maggioranza silenziosa di imprenditori e manager che, ogni giorno, affronta una realtà diversa, fatta di timori, dubbi e fatica, che cerca di far quadrare i conti, tenere unita la squadra, decidere senza avere tutte le risposte.
Fare impresa, oggi, significa confrontarsi con situazioni che toccano corde profonde: la solitudine nelle decisioni, la responsabilità verso le Persone — le loro famiglie così come la propria — il timore di non riuscire a guidare davvero.
Vale per chi ha fondato un’azienda e la sente come parte della propria identità. Vale per chi, da manager, media quotidianamente tra strategia e operatività, tra direzione e team, tra risultati e relazioni.
E come posso io parlare delle paure degli imprenditori e dei manager?
Lo faccio da chi le ha vissute sulla propria pelle: prima come imprenditore — avendo fondato tre imprese — poi come manager in aziende strutturate, con la responsabilità di guidare le Persone verso i risultati.
Queste paure non sono debolezza, ma sono il segno che chi guida lo fa con consapevolezza e attenzione, sentendo il peso del presente e del futuro sulle proprie spalle.
È ascoltando queste paure, osservando come si manifestano nei comportamenti, nei silenzi, nei meccanismi quotidiani, che si inizia a capire dove intervenire davvero.
Le aziende non cambiano solo con un piano strategico: cambiano quando si ha il coraggio di nominare ciò che fa paura, per trasformarlo in lucidità, in scelta, in cultura.
Lo si percepisce subito: l’atmosfera, gli sguardi, le pause prima di parlare, le frasi non dette.
Sono segnali sottili quanto potenti.
Parlano di paure reali, spesso inespresse, che imprenditori e manager portano dentro di loro ogni giorno. Paure umane, nate dal desiderio sincero di fare bene, ma anche forgiate dalla fatica di farcela con le risorse disponibili.
Le paure più diffuse — che ho incontrato personalmente e che incontro ogni giorno nelle aziende clienti — sono quindici. Eccole descritte una per volta.
1 – La paura che le Persone non si assumano la responsabilità
La responsabilità è il primo nervo scoperto. Quando i collaboratori si limitano a eseguire, senza metterci testa e cuore, tutto ricade sulle spalle di chi decide.
Questa solitudine non dipende dal numero di dipendenti, ma dalla sensazione di dover reggere tutto da solo in un (apparente) disinteresse collettivo.
2 – La paura dell’assenza emotiva
Dipendenti presenti fisicamente, ma non partecipi. Fanno il loro dovere, ma non si espongono, non si appassionano, non si coinvolgono. E così l’imprenditore o il manager si ritrova ad essere l’unico a spingere, incerto se sta guidando o trainando un peso morto.
Come in quei team dove ogni proposta si scontra con un muro impenetrabile di silenzio.
3 – La paura dei “posti fissi vuoti”
Persone in azienda da anni che non apportano più valore. Sono rimaste, e forse è stata volutamente evitata la situazione per non creare problemi. Ma è noto che non stanno contribuendo. Li noti perché trascorrono il loro tempo difendendosi da chiunque, colleghi compresi.
4 – La paura che l’azienda diventi un rifugio
Un luogo dove si evita il conflitto, si protegge chi non rende, si antepone la relazione alla responsabilità. Una realtà un po’ diversa dall’idea originale, dove credi non sia più possibile pretendere l’eccellenza.
5 – La paura di perdere le Persone migliori
Paradossalmente, spesso fa più paura perdere chi ci crede davvero. Le Persone migliori — quelle che vanno oltre, che mettono energia, che vogliono contribuire.
Non trovando terreno fertile, un giorno se ne andranno, e forse alcune se ne sono già andate. È lecito domandarsi: chi se n’è andato, ci ha mai creduto? E chi rimane, ci crede ancora?
6 – La paura dei conflitti sotterranei
L’azienda appare tranquilla, ma sotto la superficie ribolle. Silenzi, passaparola, tensioni irrisolte.
Nessuno parla in modo trasparente, ma tutti percepiscono. Risolvere ciò che nessuno ha il coraggio di nominare diventa un’impresa nell’impresa.
Come in quelle realtà dove ogni riunione è un gioco di equilibri, e nessuno esprime il proprio pensiero.
7 – La paura del cambiamento culturale che non attecchisce
Prima o poi arriva il momento in cui c’è qualcosa da cambiare. Spesso, in questi casi, si incontra una resistenza invisibile alle proposte, alla formazione, all’ispirazione. Un po’ come se esistesse un freno culturale che riporta sempre allo stato iniziale.
Come quelle aziende che investono in formazione, e poi non modificano minimamente i comportamenti.
8 – La paura del clima appiattito
Il risultato? Un clima che si appiattisce. Errori rari e nessuna vera proposta. Le riunioni diventano rituali vuoti, gli obiettivi perdono sostanza, l’energia si disperde.
È lecito chiedersi: siamo ancora vivi, o stiamo solo mantenendo in vita qualcosa che si è già spento?
9 – La paura dell’inerzia
Il “si è sempre fatto così” assurge a dogma. Ogni cambiamento richiede uno sforzo titanico. Anche le idee più sensate vengono rallentate, complicate e respinte.
Come quei progetti bloccati da timori inespressi, dove una semplice attività aggiuntiva diventa un ostacolo insormontabile.
10 – La paura di dipendere da pochi
Ci sono Persone che sostengono interi settori dell’azienda. Se si fermano loro, tutto si blocca. Non se ne può nemmeno parlare, perché il solo pensiero della loro partenza toglie il sonno. Questi sono centri di potere che vanno messi sotto la lente e affrontati quanto prima, nell’interesse dell’azienda.
Come chi conosce ogni dettaglio, ma si rifiuta di documentare il proprio lavoro.
11 – La paura di non far crescere le persone (o di farle crescere troppo)
E quando anche le Persone di talento non riescono ad esprimersi? Risorse potenzialmente straordinarie frenate da contesti rigidi, colleghi demotivati, superiori timorosi del rischio.
12 – La paura di dover controllare tutto
Dover verificare ogni dettaglio è snervante. Ogni documento, ogni passaggio, ogni decisione. Alcuni lo chiamerebbero “collo di bottiglia”.
La mancanza di fiducia logora chiunque, compreso chi si sente più il correttore degli errori altrui che l’imprenditore o il manager.
Come quei titolari “costretti” a vistare ogni documento perché non possono permettersi nessuna svista.
13 – La paura di sprecare potenziale interno
Quando il potenziale interno resta inespresso, la frustrazione cresce. Ci sono Persone che potrebbero dare molto, ma restano bloccate. Non per mancanza di volontà, ma per vincoli organizzativi, processi poco chiari, assenza di stimoli.
Come quelle situazioni che traboccano di idee, ma che nessuno mette a terra per realizzarle.
14 – La paura di non farsi capire
Quando la comunicazione si incrina, la solitudine aumenta. Nonostante la comunicazione interna, il messaggio non arriva. O arriva distorto. Come se l’imprenditore o il manager parlasse un’altra lingua.
In natura, i vuoti non esistono. Se l’azienda non si riappropria della sua comunicazione, lo farà qualcun altro, con una narrazione propria, perseguendo interessi differenti da quelli aziendali. Ne sono un esempio le malelingue, chi mette zizzagna, i Sindacati, eccetera.
15 – La paura di non essere più autorevoli
Queste paure convivono sotto la superficie di molte PMI. Alcune evidenti, altre nascoste. Ma tutte esprimono lo stesso bisogno: costruire imprese vive, coerenti, umane. Dove le Persone contano davvero. Dove chi guida non è solo al timone, ma sente accanto a sé un vero equipaggio.
Come iniziare ad affrontare queste paure: tre azioni concrete
1. Crea una mappa di responsabilità condivisa
Molte paure legate all’assunzione di responsabilità, alla confusione dei ruoli e alla dipendenza da pochi possono essere affrontate costruendo una mappa chiara delle responsabilità.
Significa definire chi fa cosa, con quali obiettivi e scadenze.
Realizzarla insieme non solo chiarisce le aspettative reciproche, ma rafforza il senso di appartenenza.
Zero Alibi significa questo: agire nel proprio ambito, assumere la propria parte di responsabilità, senza delegare ad altri ciò che ci compete.
2. Valorizza il merito con criteri trasparenti
Perché le Persone migliori restino e tutti sentano che l’impegno conta, occorre riconoscere il valore dove esiste.
Significa stabilire criteri chiari per valutare risultati e comportamenti, comunicare con trasparenza le aspettative, e valorizzare i progressi, anche piccoli.
Non si tratta solo di premi o avanzamenti, ma di coerenza.
In Zero Alibi è il merito che sostituisce le simpatie e le abitudini.
3. Implementa processi aziendali semplici
Molte paure nascono dalla confusione: su come raggiungere un risultato, su chi deve fare cosa, su quali informazioni sono essenziali.
Senza riferimenti chiari, le Persone si proteggono. Per questo serve implementare processi aziendali semplici e ben definiti, che aiutino a stabilire concretamente come raggiungere gli obiettivi: quali sono le attività chiave, quali rischi considerare, quali informazioni sono necessarie e quali accessorie.
Questo modo di agire non solo rende il lavoro più fluido, ma elimina gli alibi.
Nella cultura Zero Alibi, sapere come procedere non è un dettaglio tecnico: è un atto di rispetto verso chi delega e verso chi è chiamato ad agire.
Occorre coraggio per mettere in pratica
Ci vuole coraggio ad avere paura.
Ci vuole coraggio per ammettere la paura.
Ci vuole coraggio per affrontare la paura.
Il suggerimento che dò ad ogni imprenditore o manager che – nel buio della sua camera, guardando il soffitto con gli occhi sbarrati, di notte – vuole trovare una soluzione dico:
- Inizia dai ruoli, così che sia chiaro cosa ciascuno sappia cosa ci si aspetta.
Leggi e metti in pratica l’articolo descrizione dei ruoli aziendali. - Chiarisci quali sono i valori aziendali, per prima cosa a te stesso e poi a tutti gli altri.
Leggi e metti in pratica l’articolo carta dei valori. - Descrivi la tua idea di etica del lavoro, così che tutti – ma proprio tutti – sappiano cos’è considerato giusto e cosa sbagliato.
Leggi e metti in pratica l’articolo codice etico aziendale. - Purtroppo nelle scuole non si insegna più l’educazione civica. Elemento fondante di ogni comunità.
Anche le aziende sono comunità di Persone e, come tali, per poter prosperare necessitano di regole chiare.
Leggi e metti in pratica l’articolo regolamento aziendale.
Qualcuno lo chiama codice di condotta. - Conosci i tuoi standard minimi di lavoro, qualità, reputazione.
È compito dell’azienda descriverli anche ai dipendenti.
Inizia da un singolo processo aziendale. Lo disegni, lo descrivi, espliciti chi se ne occupa.
In altre parole, leggi e metti in pratica l’articolo cosa sono i processi aziendali.
Se stai pensando di fare davvero anche solo una di queste cinque cose, accorcia le distanze e contattami.
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La descrizione dei tre pilastri di ogni impresa (processi aziendali, gestione del personale, prestazioni) e il metodo che adopero nelle imprese, dal 1992.
Scrivo di gestione delle Risorse Umane e di Processi aziendali
Paolo Balestra
perché dal 1993 mi occupo professionalmente di questi temi,
prima come imprenditore e dal 2019 nel ruolo di HR Business Partner e consulente direzionale in area Risorse Umane.

PAOLO BALESTRA · Linkedin
Senior HR Business Partner
Ambasciatore della cultura Zero alibi in azienda
La prosperità delle imprese passa per Persone che sappiano cosa fare, come farlo e perché.
Unisce i processi aziendali alla gestione del personale e alle prestazioni, applicando il Metodo Intelligenza Aziendale.
Responsabile del personale · Business Coach professionista
Relazioni sindacali · Autore
Dal 1993 nelle imprese di ogni settore.